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InstaAdvisor, recensioni di profili Instagram: #3 Everyday Black America

Feed Instagram di Everyday Black America

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In questi giorni la stampa mondiale e i social media sono impegnati nella copertura mediatica delle proteste innescate dall’omicidio di George Floyd da parte di un poliziotto negli Stati Uniti.

Le manifestazioni di questi giorni e Black Lives Matter riprendono la lotta, mai davvero interrotta, contro il razzismo sistemico e la violenza delle istituzioni dei movimenti antirazzisti e per i diritti civili degli anni sessanta e settanta.

Per avere un’idea sia del passato più recente che della storia e della cultura afroamericane basta scorrere i post di @everydayblackamerica, uno degli account degli Everyday Projects, il cui motto è A record of the Darker Races (una testimonianza delle razze più scure).

Fondato nel 2014, Everyday Black America presenta foto di autori neri che vivono negli Stati Uniti e che hanno per oggetto le comunità nere del paese.

Everyday Black America è un account fieramente militante perché rappresenta la vita degli americani neri dal loro punto di vista e mira a restituire una narrazione più giusta e complessa della loro esperienza.

Fin dalla sua invenzione la fotografia è stata spesso uno strumento di oppressione per le popolazioni non occidentali e non bianche, rafforzando una visione del mondo paternalista e colonialista. Tuttora l’industria fotografica è per lo più in mano a uomini bianchi e la mancanza di diversità nello sguardo continua a perpetuare stereotipi e a influenzare il modo in cui il pubblico percepisce alcuni fenomeni.

Internazionale ha ripreso sul proprio sito un articolo dell’edizione inglese di The Conversation che spiega quanto sia importante il modo in cui una protesta viene raccontata dai giornali per acquisire legittimità e rilevanza. Ma le immagini che vengono scelte per accompagnare gli articoli non hanno un peso minore del linguaggio.

Per questo motivo Everyday Projects ha lanciato un appello alla solidarietà con il movimento antirazzista americano incoraggiando le redazioni di tutto il mondo a usare immagini di fotografi neri e segnalando risorse utili per conoscere il lavoro di questi professionisti. Come il database Diversify Photo, la lista di fotografe nere indipendenti che lavorano negli Stati Uniti stilata da Women Photograph e il database di Everyday.

E per chiunque voglia approfondire la riflessione su media e razzismo, il Collettivo Authority che raggruppa più di duecento professioniste di colore donne o dall’identità non binaria che lavorano nel campo delle arti visive ha pubblicato un documento (in inglese) con link ad articoli, database e organizzazioni a cui fare donazioni.

Authority ha anche diffuso una dichiarazione in cui suggerisce un codice etico per i colleghi impegnati sul campo in questi giorni, che è un valido strumento per tutti i fotografi che si trovino a documentare un movimento di protesta ovunque nel mondo. Lungi dal voler suggerire forme di censura o autocensura, Authority chiede ai reporter un approccio attento e rispettoso.

Riporto, traducendolo, un passaggio cruciale della dichiarazione.

Le persone che non riescono a riconoscere lo squilibrio e la diseguaglianza sono molto spesso coloro che ne traggono beneficio. Visto che le strutture politiche sono dalla loro parte, potrebbero avere difficoltà a immaginare le modalità insidiose in cui il potere agisce nei confronti dei più vulnerabili. A loro viene garantito il beneficio del dubbio e una presunzione di benevolenza che non vengono garantiti ai più vulnerabili, che quindi non possono permetterseli quando si trovano di fronte a strutture oppressive. [Fotografare una protesta, n.d.t] legittimamente non equivale a farlo con moralità o all’essere esenti da critiche o disapprovazione. Non significa mancanza di conseguenze. 

Le persone afro americane, che non vengono protette dalla legge, dalle forze dell’ordine e che sono senza tutele legali, spesso non hanno altra scelta che protestare. In questa situazione, aggravare il rischio che corrono in nome dell’oggettività, dando la priorità al diritto di fotografare perché è giusto e legittimo, è un’abdicazione dall’etica del fotogiornalismo. E’ stato dimostrato come fotografare neri che protestano contro la brutalità della polizia abbia loro arrecato danno. Anteporre il proprio diritto di fotografare al diritto alla sicurezza delle persone che combattono contro la mancanza di protezione di cui soffrono all’interno della società è un’espressione di privilegio che va contro ogni logica ed evidenzia le peggiori tendenze del fotogiornalismo.

 

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