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La legge italiana sulla riproduzione dei beni culturali

Francesco Francia, Ritratto di Federico Gonzaga, 1510 - The Metropolitan Museum of Art

Francesco Francia, Ritratto di Federico Gonzaga, 1510 – The Metropolitan Museum of Art – CC0

Nel novembre 2017 quasi tutti gli organi di informazione italiani hanno riportato la notizia di una sentenza del tribunale di Firenze che ha condannato a una cospicua multa una società che vendeva biglietti per i musei fiorentini – a prezzi maggiorati rispetto alle biglietterie ufficiali – per aver utilizzato una foto del David di Michelangelo per farsi pubblicità.

La sentenza ha portato all’attenzione pubblica delle leggi di cui non molti sono a conoscenza e che fanno notizia solo in caso di gravi infrazioni, ma che sono al centro di un dibattito importante sulla diffusione della cultura, in Italia e all’estero.

Sono leggi che riguardano tutti noi quando vogliamo usare foto di opere d’arte, quindi conoscerle può evitarci conseguenze spiacevoli.

In Italia, passati settant’anni dalla morte dell’autore le opere dell’ingegno entrano nel pubblico dominio e potrebbero quindi essere usate da chiunque per qualsiasi scopo. Alcune opere però perdono la tutela del diritto d’autore per acquisire quella riservata ai beni culturali.

Questo accade, ad esempio, a tutte le opere custodite nei musei o in altre istituzioni culturali.

Il Codice dei Beni culturali e del paesaggio (articolo 108) prevede che sia l’ente che ha in consegna il bene a decidere se autorizzarne la riproduzione e quanto far pagare per l’utilizzo.

Fino al 2014 era anche vietato fotografare i beni culturali, a meno di non avere le necessarie autorizzazioni, poi la legge conosciuta come “Art Bonus” ha consentito ai privati di scattare liberamente foto nei musei pubblici. Tre anni più tardi, anche grazie all’impegno di un gruppo di accademici e ricercatori, questa concessione è stata estesa anche alle biblioteche e agli archivi.

Riguardo ai possibili usi di queste foto, la legge dice che sono consentiti tutti quelli non lucrativi, ovvero studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero, espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale.

Viene comunque precisato che in questi casi le immagini possono essere divulgate con qualsiasi mezzo ma in modo tale da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro. Ad esempio, le foto non dovrebbero avere una risoluzione tale da poterne consentire la stampa.

L’ “Art Bonus” ha dunque modificato alcuni articoli del Codice dei Beni Culturali per rendere più attuale una legge pensata in tempi in cui non esistevano internet, i social media e gli smartphone.

Molti studiosi hanno accolto positivamente queste modifiche, che sembrerebbero costituire da parte dello stato una visione meno “proprietaria” dei beni culturali che ha in custodia.

Ma basta approfondire la questione per capire che la visione proprietaria non è stata affatto accantonata e che la formulazione della legge – per quanto apparentemente ampia – lascia dei margini di incertezza e ha comunque delle forti limitazioni quando applicata alla vita reale.

Antonella Sacconi, Palazzo del Chiarone

Antonella Sacconi, Palazzo del Chiarone, Wiki Loves Monuments 2014 – CC-BY-SA 3.0

Nel caso della sentenza di Firenze riconoscere lo scopo di lucro è abbastanza semplice. Ma se un hotel fiorentino avesse inserito sul proprio sito una foto del David solo per mostrare al visitatore le attrazioni offerte dalla città?

Se un blogger l’avesse invece pubblicata per raccontare il proprio viaggio a Firenze e il blog ricevesse dei compensi pubblicitari?

E anche la semplice condivisione su Instagram o Facebook potrebbe davvero essere considerata un uso personale, considerati i fatturati delle aziende in questione?

Forse questi utilizzi non verrebbero sanzionati ma, in mancanza di certezze assolute, la linea di condotta più saggia è quella di usare su blog e social media solo immagini a bassa risoluzione ed evitarne l’uso su pagine e siti professionali o di promozione di prodotti e servizi.

Anche l’uso di immagini di beni culturali italiani su Wikipedia è problematico perché il materiale a disposizione nell’enciclopedia libera dovrebbe poter essere riutilizzato per qualunque finalità, inclusa quella commerciale. 

Nel 2007 la Soprintendenza di Firenze ha diffidato Wikipedia dall’utilizzare qualsiasi tipo di fotografia scattata all’interno dei musei fiorentini.

Può capitare quindi di trovare indicazioni simili a questa inserita nel 2010:

Nel 2011 Wikimedia Italia ha condotto una lunga trattativa con il ministero dei Beni Culturali affinché potesse svolgersi anche nel nostro paese Wiki Loves Monuments, il concorso fotografico annuale che premia le immagini di bellezze del patrimonio culturale condivise con licenza libera su Wikimedia Commons.

Attualmente possono essere fotografati solo i monumenti per cui il ministero ha fornito l’autorizzazione e gli scatti possono essere condivisi con licenza CC-BY-SA, purché venga incluso anche un disclaimer per far conoscere agli utenti la legge italiana sulla riproduzione di beni culturali.

Ciononostante è facile imbattersi in casi del genere: una bella foto ad alta risoluzione del famigerato David, realizzata da un utente non italiano.

Benché l’uso di internet renda semplice l’accesso a materiali pubblicati in qualsiasi parte del mondo, le leggi nazionali rimangono valide anche in ambiente digitale. E quando si tratta di diritto d’autore e diritti connessi non si può mai dare per scontato che ciò che vale in un paese valga dappertutto.

Per superare questo problema l’Unione europea cerca di armonizzare le leggi dei propri stati membri. La recente – e molto contestata – “Direttiva 2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale” affronta anche il tema della riproduzione di opere d’arte in pubblico dominio, ritenendo che non abbiano più diritto a essere protette trascorsi i settant’anni dalla morte dell’autore. 

Negli ultimi anni anche Europeana, la biblioteca digitale europea che raccoglie immagini e contenuti provenienti da diverse istituzioni culturali degli stati membri dell’Unione, ha incoraggiato e sostenuto la digitalizzazione di opere in pubblico dominio e la loro massima diffusione, affermando che nessuno dovrebbe trarre profitto dalla semplice riproduzione di un’opera non più protetta dal diritto d’autore, né l’istituzione che la custodisce né le agenzie fotografiche specializzate in immagini d’arte.

In attesa di un dibattito su come verrà attuata in Italia la norma europea, ci si può fare un’idea delle posizioni esistenti in materia guardando il video della Tavola rotonda sul “Valore dell’eredità culturale per la società. Il libero riuso della fotografia oltre il tabù del lucro” promossa da Wikimedia Italia nel luglio del 2017.

Edward Burne-Jones, Fillide e Demofonte, 1870 – Birmingham Museums Trust – CC0

Tra gli interventi segnalo quello di Cecilie Hollberg, direttrice della Galleria dell’Accademia a Firenze (dal minuto 22 circa), perché solleva due questioni fondamentali. 

La prima è di carattere culturale. Hollberg si indigna per gli usi impropri dell’immagine del David  (utilizzato nel 2014 per la campagna pubblicitaria di un’azienda americana produttrice di armi, ovviamente senza permesso), rifacendosi alla visione europea del diritto d’autore che ha una forte componente moralistica. All’autore è infatti consentito di difendere la propria opera da usi che ritiene impropri o dannosi per il proprio onore e la propria reputazione. E per la legge italiana questo diritto non viene meno in nessun caso, alla morte dell’autore passa agli eredi e in loro assenza allo stato (articolo 23 della legge n. 633/1941).

E per quanto possa sembrare giusto che lo stato abbia il diritto di impedire che il David imbracci un mitra, seguendo questo ragionamento si può arrivare a impedire qualsiasi riutilizzo creativo di un’opera d’arte del passato su cui il ministero non sia d’accordo.

La seconda questione è la sincera ammissione da parte di Hollberg che è impossibile per le singole istituzioni culturali, e ancor meno per il ministero, vigilare su qualsiasi possibile uso delle immagini dei beni culturali che circolano su internet.

Ed è proprio da questa semplice constatazione che alcuni musei d’arte europei e americani sono partiti per costruire le proprie politiche di digitalizzazione e accesso libero.

Qui un articolo che spiega dove trovare online foto in alta risoluzione di opere d’arte in pubblico dominio.

Marina Cotugno     CC BY-NC-SA 3.0 IT

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